BritishvoltItalvolt

Britishvolt entra in amministrazione controllata: mancano i fondi necessari a far partire il progetto

di pubblicata il , alle 09:31 nel canale Batterie Britishvolt entra in amministrazione controllata: mancano i fondi necessari a far partire il progetto

Non un penny dal Governo inglese e le ultime raccolte fondi che hanno raccolto pochi spicci, rispetto alla somma necessaria per costruire l'impianto di Blyth. Così le ambizioni inglesi per l'auto-produzione di batterie per EV rischiano di finire prima ancora di iniziare.

 

Britishvolt è entrata ufficialmente in amministrazione controllata martedì, dopo che, a fronte dei 3,8 miliardi di sterline necessari per la costruzione del mega impianto per la produzione di batterie, era riuscita a raccogliere solo 200 milioni.

Il polo produttivo sarebbe sorto a Blyth, considerato da molti il miglior sito della Gran Bretagna, con molta energia rinnovabile disponibile, e avrebbe assemblato 38 gigawattora di batterie l'anno.

Fallimento Britishvolt

Il terreno è già stato acquistato e il permesso di pianificazione rilasciato, ma mancano i soldi per aprire il cantiere edile.

Il governo britannico, sotto l'ex primo ministro Boris Johnson, aveva a suo tempo pubblicizzato il progetto di Britishvolt come un'importante pietra miliare verso la creazione di una catena di valore inglese per batterie destinate alle EV.

Tenendo a mente che dal 1° febbraio 2020 il Regno Unito non fa più parte, in alcun modo, dell'Unione europea, il progetto di Britishvolt era estremamente importante per impedire che gran parte della produzione automobilistica del paese si sposti verso l'Europa continentale.

Per soddisfare i requisiti commerciali con l'UE, gran parte del valore di un veicolo elettrico deve essere costruita in Gran Bretagna.

Londra si era quindi impegnata a versare 100 milioni di sterline in favore della start-up, da pagare una volta iniziata la costruzione.

"A luglio Boris Johnson, all'epoca primo ministro, mi disse che l'assegno era stato versato a Britishvolt", ha dichiarato in una nota il politico laburista dell'opposizione, Ian Lavery, "ma la realtà è che [Britishvolt] non ha mai ricevuto un centesimo dal governo".

A fine estate la società aveva raccolto solo circa 200 milioni di sterline, trovandosi costretta a posticipare le tempistiche per la costruzione dell'impianto.

Ad oggi le prospettive non sono fra le più rosee: la start up, dopo alcune trattative con potenziali acquirenti, a Novembre, per mantenersi a galla, ha ricevuto offerte per un ammontare di circa 30 milioni di sterline, che sono però state respinte.

Ad avanzare le proposte sono stati i primi tre investitori del fondo di investimento Indonesia DeaLab Group, scontratisi contro il muro dei creditori di Britishvolt.

Fallimento Britishvolt

"Siamo rimasti fiduciosi che Britishvolt trovasse un investitore adatto e siamo delusi nel sentire che ciò non è stato possibile", ha dichiarato, a riguardo, il ministero delle imprese britannico in una nota, affermando che continuerà a lavorare con le autorità locali e potenziali investitori per garantire il miglior risultato per il sito di Blyth.

A giocare in sfavore dell'azienda sono stati anche l'aumento dei tassi di interesse e il rischio di recessione, che hanno reso la raccolta fondi molto più difficile per quelle startup che necessitano di ingenti somme di denaro.

Lunedì la start up ha dichiarato di essere in trattative con un consorzio di investitori per vendere una quota di maggioranza, ma senza rivelarne il nome.

Il giorno dopo, c’è stato il passaggio di consegne fra Peter Rolton, il presidente esecutivo, e un team della divisione di ristrutturazione EY-Parthenon della società di contabilità Ernst & Young che si occupa di insolvenza e amministrazione.

Con effetto immediato, gli amministratori fallimentari hanno licenziato la maggior parte dei 300 dipendenti di Britishvolt.

Attualmente, nel Regno Unito c'è un solo piccolo impianto Nissan da 1,9 gigawattora a Sunderland, nel nord-est dell'Inghilterra, per la produzione di batterie.

La casa automobilistica giapponese sta costruendo un secondo impianto da 9 GWh nella stessa località con il partner cinese Envision AESC, che potrebbe espandersi fino a 25 GWh.

L'eco di quanto sta avvenendo dall'altro lato della Manica non ha tardato a raggiungere l'Italia, dove fervono i preparativi per l'inizio dei lavori di Italvolt, la versione italiana di Britishvolt, nata a sua volta da una delle costole di Lars Carlstrom.

Fallimento Britishvolt

L'ex CEO dell'azienda inglese e attuale CEO di quella italiana, aveva rassegnato le proprie dimissioni nel 2020, quando fu travolto dalle polemiche per via di una condanna per evasione fiscale, costatagli, negli anni '90, 10.000 euro di multa e 60 ore di servizi sociali in Svezia.

La decisione di Carlstrom di fare un passo indietro non sembra aver convinto del tutto i contribuenti inglesi a finanziare, con le loro tasse, un pezzo di gigafactory in Gran Bretagna e ora Britishvolt è a un passo dal fallimento.

Italvolt al momento sta cercando investitori per racimolare il capitale necessario a posare la prima pietra, oltre a stringere e annunciare importanti collaborazioni. 

L'ultima, di cui abbiamo parlato pochi giorni fa, è quella con l'israeliana StoreDot.

1 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info
Hypergolic20 Gennaio 2023, 23:38 #1
Peccato per Britishvolt, speriamo riescano a cavarsela. E speriamo bene anche per Italvolt, dovrebbe esserci più interesse per strutture di questo tipo.

Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".

La discussione è consultabile anche qui, sul forum.
^