The Ocean Cleanup

The Ocean Cleanup compie 11 anni e festeggia 200 tonnellate di rifiuti recuperati in mare

di pubblicata il , alle 09:01 nel canale Mercato The Ocean Cleanup compie 11 anni e festeggia 200 tonnellate di rifiuti recuperati in mare

Dal 2011 a oggi, l'associazione fondata da Boyan Slat ha raccolto 200 tonnellate di rifiuti dagli oceani: l'ambizioso obbiettivo è recuperare almeno il 90% di spazzatura dagli oceani entro il 2040

 

Nel 2011 una famiglia olandese decide di trascorrere le proprie vacanze in Grecia, sicuramente non immaginando che quella scelta cambierà totalmente la loro vita.

Boyan Slat, all'epoca adolescente, rimane talmente colpito dalla quantità di rifiuti che vede nel mare da decidere, una volta tornato a casa, di fare qualcosa a riguardo. Inizia a buttare giù uno schizzo di come potrebbe essere una barca cattura-plastica e lancia una campagna di crowdfunding per raccogliere i fondi necessari per il progetto.

The Ocean Cleanup

Nel 2012 nasce ufficialmente The Ocean Cleanup e 11 anni taglia il traguardo delle 200 tonnellate di rifiuti plastici raccolti in mare, ma la strada è ancora molto lunga.

In poco più di un decennio la strategia di Boyan per ripulire fiumi, mari e oceani è cambiata, dividendosi in due approcci: intercettare i rifiuti plastici prima che finiscano in mare aperto e continuare a rimuovere le plastiche [e microplastiche] che si raccolgono nei cinque vortici oceanici subtropicali, vaste correnti circolari che intrappolano la spazzatura galleggiante al loro interno.

The Ocean Cleanup

"A The Ocean Cleanup, la nostra missione è liberare gli oceani del mondo dalla plastica. Per raggiungere questo obiettivo, la nostra strategia è su due fronti: rimuove i detriti dai fiumi e dai corsi d'acqua che sfociano nell'oceano ed estrarre quelli accumulatisi nell'oceano".

In una delle pagine del sito ufficiale del progetto, Boyan, fondatore e CEO della onlus, in un post del 2021 [qui il link], fa il punto della situazione, ricostruendo e raccontando il percorso intrapreso:

"Quando qualcuno viene a conoscenza dell'inquinamento da plastica negli oceani, la risposta iniziale più comune che sentiamo è: "Prendamo alcune navi e andiamo a ripulirlo!" Coloro che dedicano un po' più di tempo ad approfondire il problema di solito si rendono conto che gli oceani sono molto grandi e che probabilmente sarebbe molto più facile trovare modi per impedire che la plastica entri nell'oceano, piuttosto che ripulirla in mare...Abbiamo studiato la questione per anni, eppure eccoci qui, a lavorare per ripulire la plastica direttamente dagli oceani".

Dai dati raccolti da Slat, ogni anno circa un milione di tonnellate di inquinamento da plastica entra negli oceani del mondo: di questa, la maggior parte rimane a galla nell'oceano solo per un breve periodo di tempo.

Entro un mese oltre l'80% di ciò che rimane a galla ha il potenziale per arenarsi su una costa non lontana dal punto di passaggio dal fiume all'oceano e, entro un anno, il 97% potrebbe tornare a terra.

La piccola parte che resta fuori riesce a raggiungere l'oceano aperto e lì è destinata a restare per moltissimo tempo, riducendosi in milioni di pezzi microscopici, le famose microplastiche che finiscono nel nostro corpo [feti compresi] passando da pesci ed alghe.

"Le isole di immondizia dell'oceano sono l'equivalente planetario dell'angolo della tua stanza in cui hai spazzato tutto il disordine che hai lasciato sul pavimento. Il più inquinato - e meglio studiato - di questi è il famigerato Great Pacific Garbage Patch (GPGP) situato tra le Hawaii e la California. Il GPGP copre solamente circa lo 0,5% della superficie oceanica del mondo, ma si stima che contenga oltre il 50% di tutta la massa di plastica che galleggia negli oceani aperti".

Si stima che GPGP contenga al momento circa 100.000.000 di chilogrammi di plastica e il primato del rapporto più alto tra plastica e prede presenti in natura.

Detto in altre parole, il pesce consumato a San Francisco ha statisticamente più plastica al suo interno di quello consumato in ogni altra parte del pianeta.

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Nel suo lungo post Boyan spiega la differenza fra inquinamento persistente e inquinamento non persistente, mettendo a confronto il moderno problema della plastica oceanica col Grande Smog di Londra del 1952.

Nel caso della capitale londinese, una volta fermate le emissioni l'aria si ripulì da sola e ad oggi nessun londinese respira la fuliggine di 70 anni fa [inquinamento non persistente]; al contrario, negli oceani è ancora possibile trovare plastica PCB [inquinamento persistente].

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Brevettati dalla Monsanto negli anni Trenta, i PCB sono dei composti organici molto stabili e non infiammabili, con proprietà isolanti sia termiche sia elettriche.

Fino agli anni Settanta sono stati utilizzati ampiamente in condensatori, trasformatori e motorini elettrici, oltre che come additivi in prodotti come vernici, pesticidi, carte copiative, adesivi, sigillanti e fissanti, propria in forza di queste loro proprietà.

Negli Stati Uniti furono vietati a partire dal 1972, e negli anni successivi nel resto del mondo, in quanto rivelatisi cancerogeni e nocivi sulla fertilità e sulle difese dell'organismo.

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Secondo l'Onu nel mondo restano ancora 14 milioni di tonnellate di materiali plastici ed elettrici contenenti PCB da smaltire.

A tale proposito nel 2018 la rivista Science pubblicò lo studio "Predicting global killer whale population collapse from PCB pollution" che analizzava l'impatto negativo dei PCB sulla popolazione delle orche, a distanza di più di mezzo secolo dal divieto di utilizzo.

Da qui, la necessità del doppio approccio: sia bloccare l'accesso agli oceani da parte della plastica, sia ripulirli dai detriti che ancora vi dimorano.

"Se potessi scegliere, preferirei catturare la plastica con gli Interceptor nei fiumi piuttosto che con i sistemi di pulizia degli oceani. Sfortunatamente, è troppo tardi per le centinaia di milioni di chili di spazzatura che già oggi inquinano l'oceano. Fermare la plastica prima che raggiunga gli oceani ci consente di mantenere costante la quantità di plastica negli oceani, ma l'unico modo per ridurre la quantità di plastica negli oceani è ripulire quell'inquinamento preesistente. Questo è ciò che dobbiamo fare per liberare veramente gli oceani dalla plastica. Si può discutere su quale sia l'allocazione ottimale delle risorse tra le diverse attività di rimozione. Sono d'accordo con chi sostiene che la maggior parte delle risorse volte a risolvere l'inquinamento da plastica dovrebbe ora andare a fermare l'afflusso. Tuttavia, ciò non significa che dovremmo fare solo l'uno o l'altro. L'umanità lavora per sradicare le malattie, risolvere i cambiamenti climatici, ridurre la povertà e migliorare l'istruzione in parallelo. Chiaramente, l'umanità può fare più di una cosa allo stesso tempo.".

Oggi l'organizzazione dispone di tecnologie efficaci che intercettano e bloccano i rifiuti plastici già nei fiumi, prima che questi possano raggiungere gli oceani, minacciando la sopravvivenza degli animali marini.

Per raccogliere e rimuovere la plastica che già si trova negli oceani, gli attivisti della onlus hanno messo a punto barriere artificiali a forma di U che, come fossero una gigantesca rete, trascinano la plastica dispersa e la concentrano in appositi contenitori, sottraendola al moto delle onde.

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L'obiettivo, ambizioso, è quello di riuscire a eliminare almeno il 90% dell'inquinamento da plastica galleggiante negli oceani di tutto il mondo entro il 2040.

5 Commenti
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jepessen18 Aprile 2023, 09:28 #1
Molto interessante, ma la domanda e': una volta ripuliti gli oceani, dove finira' tutta quella immondizia?
Unrue18 Aprile 2023, 10:16 #2
Originariamente inviato da: jepessen
Molto interessante, ma la domanda e': una volta ripuliti gli oceani, dove finira' tutta quella immondizia?


Verrà riciclata suppongo. Quello che mi chiedo è: i rifiuti che vanno a fondo? C'è una stima di quanti siano? Perché immagino che non verranno recuperati mai.
phmk18 Aprile 2023, 12:52 #3

Queste sono le ONLUS che servono....

Non quelle che ....
Giulia.Favetti18 Aprile 2023, 15:19 #4
Originariamente inviato da: Unrue
Verrà riciclata suppongo. Quello che mi chiedo è: i rifiuti che vanno a fondo? C'è una stima di quanti siano? Perché immagino che non verranno recuperati mai.


Me lo sono chiesto spesso anche io
ferste18 Aprile 2023, 15:29 #5
A memoria (tradotto: se è una minchiata non fatemelo a fette) mi sembra abbiano stimato un rapporto di 1:3 tra rifiuti galleggianti e rifiuti a fondo.

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