Nel Great Pacific Garbage Patch stanno nascendo nuovi ecosistemi

di pubblicata il , alle 11:01 nel canale Mercato Nel Great Pacific Garbage Patch stanno nascendo nuovi ecosistemi

Le gigantesche isole di spazzatura stanno mettendo in contatto creature molto diverse fra loro, dando vita a strane comunità che riuniscono animali della costa e dell'oceano aperto

 

La scorsa settimana The Ocean Cleanup, la onlus fondata da Boyan Slat allo scopo di ripulire gli oceani, ha festeggiato il suo undicesimo compleanno e il traguardo delle 200 tonnellate di rifiuti plastici raccolti.

Sempre una settimana fa la rivista Nature Ecology & Evolution ha pubblicato lo studio "Extent and reproduction of coastal species on plastic debris in the North Pacific Subtropical Gyre" che presenta le conclusioni tratte dopo la scoperta di un nuovo ecosistema, sviluppatosi sull'isola di plastica dell'Oceano Pacifico.

Che alcune creature prosperino nei rifiuti umani – purtroppo – non è una novità, ad alzare il livello di preoccupazione sono invece due aspetti messi in luce dalla ricerca: la plastica sta diventando un habitat ideale per le specie costiere, al punto che alcune di esse stanno iniziando a riprodursi, nonostante l'ambiente alieno. Inoltre, secondo gli scienziati, l'incontro, la coesistenza e lo sviluppo di forme di vita nate nei rifiuti e dal mix fra specie estremamente diverse [e che, soprattutto, non avrebbero mai dovuto incontrarsi] potrebbero aumentare le probabilità di invasioni biologiche che altererebbero gli ecosistemi vicini.

"La superficie del mare è probabilmente è uno degli ambienti meno conosciuti del nostro Pianeta", ha affermato Martin Thiel, biologo marino dell'Università Cattolica del Nord in Cile, che non è stato coinvolto nella nuova ricerca. "È una comunità molto, molto particolare che stiamo disturbando ora su vasta scala".

Per il nuovo studio, i ricercatori hanno identificato le specie che vivono su poco più di 100 pezzi di plastica che sono stati ripescati dal cosiddetto Great Pacific Garbage Patch il più "importante" dei cinque vortici oceanici subtropicali, vaste correnti circolari che intrappolano la spazzatura galleggiante al loro interno.

comunità neopelagiche

I ricercatori hanno identificato 484 invertebrati, la maggior parte dei quali appartenenti a specie tipiche delle coste del Pacifico occidentale, fra cui: briozoi, meduse, spugne, vermi e altri organismi.

comunità neopelagiche

Alcune specie prelevate dall'isola di plastica del Pacifico: gli idrozoi Velella velella (a), Porpita porpita (b) e caravella portoghese (Physalia physalis, c); una lumaca di mare del genere Janthina (d); due draghi di mare del genere Glaucus (e).

Linsey Haram, specialista in ecologia marina ed autrice principale dello studio, oltre che ricercatrice associata allo Smithsonian Environmental Research Center, ha affermato:

"La prima volta che io e Jim Carlton [ndr, ricercatore del Williams College e del Mystic Seaport Museum] abbiamo tirato fuori un pezzo di plastica e abbiamo visto il livello delle specie costiere presenti, siamo rimasti semplicemente sbalorditi".

A causa della resistenza del materiale plastico agli agenti esterni e alla sua lunga vita nell'ambiente superficiale marino, sulla superficie di questi oggetti hanno trovato ospitalità anche specie pelagiche, ovvero creature che vivono in mare aperto per buona parte della loro vita. Haram e i suoi colleghi si sono quindi trovati davanti a una sorta di insospettabile Arca di Noè; circa 2/3 dei pezzi di detriti analizzati, infatti, ospitavano sia specie costiere che oceaniche, che vivevano fianco a fianco. Questi nuovi quartieri residenziali interspecie sono stati chiamati "comunità neopelagiche".

"La novità, la parte 'neo', è che ora, probabilmente a causa della plastica, stiamo vedendo insieme specie costiere e pelagiche autoctone, che interagiscono abbastanza frequentemente sui detriti", ha spiegato Haram. "In buona sostanza, stiamo creando nuove comunità in mare aperto".

E queste comunità innaturali possono avere un costo per i tradizionali residenti dell'oceano aperto che sono abituati a vivere su detriti naturali, ha aggiunto la scienziata, perché le creature costiere potrebbero competere per lo spazio e il cibo o potrebbero persino mangiare i loro vicini.

Haram e i suoi colleghi hanno anche trovato artropodi simili a insetti intenti a covare uova e anemoni che fanno germogliare piccoli cloni di se stessi, segnali che suggeriscono che la plastica sta venendo vista da queste specie come una sistemazione permanente.

Il problema è che le forti correnti oceaniche trasportano questi detriti ovunque, mettendo potenzialmente in contatto queste nuove specie con spiagge straniere, dove queste ultime potrebbero attecchire, alterando irrimediabilmente l’habitat costiero.

"Se puoi riprodurti, allora puoi diffonderti. E se puoi diffonderti, puoi invadere", ha rimanrcato Linda Amaral-Zettler, microbiologa marina del Royal Netherlands Institute for Sea Research, che non è stata coinvolta nel nuovo studio. "Non sei solo un vicolo cieco; non stai solo facendo l'autostop e per poi morire".

I colleghi di Haram stanno lavorando per determinare se gli animali trovati nello studio possano trasferirsi su ulteriori zattere di detriti o siano restii ad abbandonare il loro pezzo di plastica originale; il quesito non è di poco conto, considerato che, come sottolineato da Amaral-Zettler nell'Atlantico settentrionale si trovano alghe galleggianti di Sargassum, uno "scalo" ideale per le comunità neopelagiche ed estremamente vulnerabile. Quest'ultima ricerca rimarca ancora una volta la necessità di ripulire gli oceani dai nostri rifiuti:

"A questo punto sappiamo molto sull'entanglement e l'ingestione di plastica da parte dei pesci e delle altre grandi creature che popolani i mari, e degli enormi impatti negativi che ne derivano", ha affermato Haram. "La ricerca che stiamo facendo qui aggiunge un tipo di effetto, derivato dalla plastica in mare, molto diverso, che in precedenza non era mai stato preso in considerazione".

Thiel ha concluso: "Per me, è un altro campanello d'allarme che deve spingerci ad adottare assolutamente misure drastiche per ridurre la quantità di rifiuti di plastica che finiscono nell'oceano, perché una volta in mare aperto, è troppo tardi."

2 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info
CYRANO24 Aprile 2023, 12:08 #1
Rubberick24 Aprile 2023, 14:23 #2
addirittura un kaiju?
ma giusto li perché tanto... distruggerle con il napalm?

sono ironico peró...

Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".

La discussione è consultabile anche qui, sul forum.
^